E' deceduto a Verbania, dove era nato nel 1938 e risiedeva, Tiziano
Salari considerato un grande intellettuale, originale e inquieto. Nel 1982 aveva pubblicato Grosseteste e altro,
iniziando un’attività critica di rivisitazione di figure e metodi della cultura
novecentesca; attività che trova una prima sintesi nel volume Il grande nulla. Percorsi tra Ottocento
e Novecento (prefazione di G.B. Squarotti, 1998). Nel 1995 esce il suo secondo
libro di poesia, Alle sorgenti della Manque
(prefazione di G. Luzzi). Vince il Premio Montano con Il pellegrino Babelico (nota critica di G. Gramigna, 2001) e il
Premio Capoverso-Città di Bisignano con Quotidianità
della fine (2004). Nello studio Le
asine di Saul (1994) mette a punto la sua visione del saggio critico nella
prospettiva di una convergenza fra pensiero filosofico e pensiero poetico, che
trova una significativa realizzazione in Sotto
il vulcano. Studi su Leopardi e altro (2005). Altre pubblicazioni: Strategie mobili (2000) e Versus (2004),
e, in collaborazione con M. Fresa, Il
grido del vetraio. Dialogo sulla poesia. Con Fresa ha curato inoltre le
raccolte di saggi Le tentazioni di Marsia
(2007) e La poesia e la carne (2009). Ultimi libri poetici: Il fruscio dell’essere (2007), Novellino
(2007) e Essere e abitare (2011).
Su Tiziano Salari pubblichiamo di seguito un ricordo di Franco Esposito, direttore della rivista "Microprovincia", al quale era legato da profonda amicizia.
Il ricordo di Franco Esposito per l'amico Tiziano Salari
(Si dovrebbe non credere alla morte come l’estrema forma di esistere...)
In un momento di profonda tristezza, è difficile
scrivere di una lunga amicizia, ma soprattutto scrivere del grande saggista,
del poeta, del grande intellettuale verbanese, della vita da romanzo di Tiziano
Salari. Verbania, ne sono sicuro, ma anche l'intera provincia da domani
verranno ancor più emarginati a livello nazionale non solo culturalmente, ma
spinti verso un “provincialismo” sia pubblico sia privato che da anni ci sta
soffocando a poco a poco.
Spero così e mi auguro che niente di Tiziano vada perso, trascurato, dimenticato. Tutte le sue inquietudini, i suoi sentimenti, i suoi pensieri, i suoi gesti, le sue parole sempre poco inclini alla disciplina ingombrante di questi ultimi tempi di cenere, vengano tramandati a “futura memoria” perché facciano parte di un deposito a cui attingere tutti noi domani a piene mani.
Penso che sia impossibile conoscere a fondo un uomo,
un autore se non si è avuta la possibilità e la pazienza di studiarlo e per me
il privilegio di potergli parlare spesso e a lungo, di litigare ferocemente
anche, soprattutto sulla scelta di autori degni di poter dedicare loro un
fascicolo monografico della nostra amata ed alcune volte odiata rivista di
cultura "Microprovincia", e dopo il bonario sorriso di assenso
leggere nel suo sguardo le malinconie, i segreti dell’amico Tiziano e
capire quello che andava scrivendo in prosa o in poesia.
Era questo lo spirito che guidava la sua mente e la sua mano.
Come poeta è stato molto bravo, basta ricordare fra le
altre la raccolta Alle sorgenti della Manque; forse nella scrittura era
estremamente ambizioso e problematico pur se in privato era perfettamente
conscio della grande differenza, aggiungerei lampante, che correva tra la sua
poesia e la magia della sua saggistica. E Tiziano nel fondo del suo cuore
sapeva di essere un grande saggista nato, con intuizioni originali su autori
universali come Leopardi o Rebora o Giovanni Ramella e altri grandi a cui aveva
dedicato uno dei libri più importanti: Sotto il vulcano. Studi su Leopardi e
altro.
Poteva permettersi di essere ambizioso su più fronti perché era uno dei pochi in Italia a saper competere in ogni campo della letteratura, ma non voglio e posso dimenticare la sua altra grande passione e preparazione per la filosofia, per il 'suo' Spinoza, perché sapeva di essere bravo, di saper usare le parole con grande efficacia anche se più volte io stesso lo rimproveravo di essere più semplice nell’esporre i suoi concetti, per farsi capire da un lettore comune, da una persona comune. Negli ultimi anni ci ero quasi riuscito. Che fatica!
Mi ricordo che nei nostri lunghi e ultimi colloqui mi voleva quasi convincere che era riuscito a costruire una sua religione personale, quasi pasoliniana, un culto quasi pagano il cui fine era quello di raccogliere e regalare in ogni suo intervento un piccolo dettaglio della sua vita.
A questo punto dovrei raccontare anche della nostra
bella e mitica frequentazione lavorativa alla Banca Popolare di Intra e anche
qui mi ricordo che nelle infuocate riunioni degli anni Settanta in ogni suo
intervento cercava sempre di rompere il muro di cartapesta che incontrava non
solo con la direzione ma anche con gli stessi colleghi. Come al solito il suo
linguaggio era talmente forbito e profetico che la platea non riusciva a
capire il suo sottilissimo fine e allora polemiche e malintesi. Quanti ricordi,
caro Tiziano.
Potrei continuare ancora per molto, ma voglio chiudere con un modesto appello, forse meglio con un invito-esortazione alle istituzioni di Verbania e a tutti coloro che amano la cultura: di scoprire la sua opera e appassionarsi alla stessa perché nei suoi libri si possono trovare tutte le vite e tutte le storie del mondo che poi sono anche le nostre piccole storie di questo nostro angolo di lago.
I gentiluomini fanno parlare di sé soltanto quando muoiono, era solito affermare un mio amico; spero che il caso emblematico di Tiziano Salari (la cui scomparsa ci lascia nel dolore e nel rimpianto) sia utile affinché in futuro venga capovolta questa pessimistica frase.
Franco Esposito
