<<La scelta di un amico è una scelta delicata e molto importante nella vita. Le conseguenze di una scelta buona o nefasta sono incalcolabili a priori e ... dopo non si è più in grado di rimediare>>.
“Il pane del fante” è
un diario della prima guerra mondiale, una testimonianza commovente scritta con
grande passione e amor patrio da uno dei protagonisti di quegli orribili
combattimenti. Come sempre, la storia bellica ha registrato solo i personaggi
più noti, ricordando i caduti nelle commemorazioni, come semplici “militi ignoti”, e dimenticandosi, spesso,
di tutti coloro che sacrificarono la propria giovinezza nelle trincee. Uno di costoro,
l’autore di questo corposo ed emozionante scritto, è Vincenzo Gorris.
Il diario, rimasto finora nel cassetto, è venuto alla luce per l’impegno della figlia che lo ha voluto pubblicare “con tutto l’amore, la devozione e il rispetto” che deve al padre, il quale tanto la desiderò, ma non la vide nascere. Eppure per lei fu sempre “un esempio di vita per rettitudine, giustizia, umanità”.
Vincenzo Gorris, conosciuto anche come Vincent, Végé, Bric, Briquett, era nato a S. Vincent (all’epoca in provincia di Torino) nel 1895. Studiò in collegio ad Aosta, frequentando l’Istituto De Tillier. Chiamato a 19 anni alle armi, fu nel 4° Reggimento Alpini (Battaglione Val d’Adige), ufficiale al 3° Alpini (Battaglione Exilles) e al 6° (battaglione Val d’Adige) per tutte le quattro campagne di guerra. Risalgono a questo periodo, i primi appunti delle sue memorie che poi raccolse e completò con altre esperienze di vita (così come appaiono ora) nella sua casetta di Cillian, tra il 1928 e il 1932.
La figlia Vincenzina
(insegnante di ruolo nella scuola pubblica, ora in quiescenza) le ha ricopiate
senza correggere il manoscritto (come invece è successo sovente in simili
pubblicazioni, da parte degli editori che ne hanno limato la scrittura e a
volte abbellito i contenuti). Ha solo mutato alcuni nomi per ragioni di privacy
o meglio per rispetto di quelle persone (anche se oggi non sarebbero più
riconoscibili) o qualche luogo perché magari sul testo risultava scolorito o
illeggibile. Sebbene le sia stato suggerito di lasciare solo i racconti
militari, Vincenzina non ha, però, voluto abbandonare quelli privati e civili,
poiché solo così si può meglio comprendere l’esuberanza e la storia di una
gioventù che ha sacrificato la propria vita per un ideale, anche se poi tutto
finì in una tragedia che colpì sia i vinti sia i vincitori.
Si legge con piacere e con stima questo libro, nella sua semplicità e veridicità, ricco di un’umanità che ci restituisce il protagonista nella sua genuinità esistenziale e socievole, colma di energia fisica e intellettuale, che fa comprendere la caparbietà di un uomo, appena ventenne che è passato da semplice soldato a ufficiale per meriti di guerra (raggiungendo il grado di Maggiore) e che poi nella vita civile ha assunto molte cariche importanti, fino a diventare sindaco di S. Vincent nel 1920 e in seguito come Amministratore Comunale. Inoltre, dopo il conflitto si impegnò a dare aiuto e sostegno morale e materiale ai giovani operai e operaie che dalle zone di guerra si recarono a lavorare nelle fabbriche della Valle d’Aosta.
Scultore (sue opere sono conservate in alcuni luoghi pubblici e
privati), pubblicista e scrittore, corrispondente estero e poeta “patoisant”, Gorris
pubblicò in lingua italiana e francese. Uomo colto e caparbio, e nel contempo
semplice, onesto e di gran buon senso, ottenne molti riconoscimenti e nel 1968
(dall’allora Sindaco di S. Vincent, Daniele Fosson) gli fu inaugurata una
lapide posta in Municipio e dedicata “aux trois Mousquetaire du Patois”:
Vincent Gorris, André Ferré, Antoine Jacques De Petro. Morì nel 1955, lasciando
la giovane moglie (sposata dopo che era rimasto vedevo senza prole) in attesa
del suo primo figlio, che sarà una figlia, nata 4 mesi dopo la sua prematura
scomparsa.
Come già accennato, questi 5 voluminosi notes di Vincenzo Gorris
sono stati trascritti a computer, in questi ultimi due anni, dalla figlia, in
compagnia della mamma, ultraottantenne, a cui ha letto regolarmente quanto vi
era scritto. Annota la figlia Vincenzina nella
premessa del libro (a cui sono stati aggiunte tra le pagine molte fotografie,
copie di lettere e documentazione varia): <<Spesso la mia “gelosia di figlia è stata messa da lei in ridicolo: suo
marito se l’è conquistato, si sono scelti, era vedovo e non giovanissimo, era
ed è rimasto il suo grande amore; era ed è rimasto estremamente affascinante e
indiscutibilmente “un grande uomo”. Per amore verso un padre di cui sentii
tessere le lodi e che sapevo essere molto conosciuto e apprezzato, che non
conobbi in quanto vidi la luce quattro mesi dopo la sua dipartita a soli
cinquantanove anni, un padre che fu la mia guida nelle scelte e nella soluzione
dei problemi esistenziali, attraverso l’educazione ricevuta dalla mia grande, saggia e speciale
mamma, da me visto come un personaggio, severo, giusto e con un grande animo,
mi è apparso molto più umano e vicino quale fu il giovane che scrisse queste
sue memorie>>.
Che aggiungere sui contenuti del Diario di Vincenzo Gorris? Più che raccontato va letto e centellinato pagina dopo pagina, per comprendere l’umanità di un uomo che attraverso la dimensione spaventosa di una guerra e delle sofferenze subite, ha saputo lasciarci delle memorie che ci rendono una persona vera. Non un eroe mummificato, una persona che in seguito ha vissuto non solo per sé, ma pure per il “prossimo” con spirito di sacrificio, contentandosi di poco, aiutando gli altri con solidarietà e con fraterna, intellettuale, semplicità.
Voglio concludere mettendo l’accento sulla forza morale e patriottica, che vi fu, di una generazione che si immolò, tradita da superiori e ciniche ragioni di espansionismo imperialista e criminale, per i fini economici dei potenti.
(a cura di Giuseppe Possa)
ISBN
978-88-91080-39-4
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