- Edizioni Eco Risveglio -
In questo piacevole libro di Andrea Dallapina -
scrittore, giornalista e direttore del bisettimanale Eco Risveglio del Verbano
Cusio e Ossola - sono pubblicati 10 brevi racconti “in cerca d’altrove”, in cui si
possono riconoscere quegli spunti di realtà imperscrutabile o di suadente
fantasia, che sono alla base della sua scrittura dal felice esito espressivo
che in certi punti assurge a dignità lirica. Sono storie intriganti e insolite,
ma possibili, giocate sempre in chiave esistenziale e psicologica, spinte dall’autore
al limite del metafisico, collocate, però, in coinvolgenti canovacci artistici (letterari,
pittorici o musicali) che invogliano il lettore ad andare avanti (soprattutto
in quelle giallo-investigative, come “Senza pietà”, “Casting dice”, “La
sesta lezione”) e a provare lo stesso piacere che deve aver provato lui
nello scriverle. Una scrittura magica, la sua, che come annota Paola
Caretti in una recensione: <<non può sottrarsi alle “lezioni”
impartite dagli artisti e dalla cultura umanistica che caratterizza la sua
generazione. Una generazione che ha potuto apprezzare le fantastiche
suggestioni delle poesie di Dylan Thomas, ha sognato mondi lontani attraverso
la pittura di Gauguin e ha compreso infine la contemporaneità di
Shakespeare>>.
Alcuni punti mi hanno
particolarmente colpito: per esempio, nel primo racconto (“Quasi come Gauguin”)
che finisce con quel <<Maligno>> posto alla fine, così, secco, foriero
di fatalità imminente, pronunciato da un paziente all’uscita dello studio del
medico, mentre la domanda dell’altro paziente, <<Allora?>>, era
rimasta a quella prima dell’entrata <<Quindi ovunque andiamo...>> e
si era in un “altrove”... si parlava di viaggi…
O quel finale di “Senza
pietà”: <<Ma quale Reverendo! Mi chiami don>>. A questo
punto, intuendo il legame con la storia e i trascorsi dai lati oscuri del
personaggio, ci si chiede: e adesso? E’ adesso che arriva il bello, viene da
pensare, tenendo presente che qualcos’altro dovrà ancora accadere a nostra
insaputa.
O ancora in “Ovunque”, dagli spunti
paesaggistici (spunti che si trovano un po’ dappertutto nel libro), ambienti
naturali che ci circondano, non atmosfere sfocate ma luoghi di narrazione, dove
il protagonista si può muovere dall’aeroporto alle sponde del Ticino e di notte
sognare pareti rocciose o la cascata del Toce e poi di nuovo, sul filo che
conduce dalla quotidianità al gioco, là sulla riva, lui e una donna, alla
ricerca di quella felicità che, forse, si può solo trovare nel silenzio di
un’attesa o perdendosi nei vortici della corrente... Anna, Manuela, Beatrice,
Francesca, Debora... e domani chissà.
E poi a mano a mano che si
procede nella lettura, si percepisce un trasparire appena appena dell’ironia
nell’osservare le vecchie fotografie della nonna che non sorrideva mai o della mamma
sempre con quegli occhi sconsolati. Allora era complicato scattare
un’istantanea: si posava rigidi, immobili, per paura di “venir male” o di vedere
sfumare un importante ricordo di famiglia, legato a una cerimonia o a una
vacanza. Qui, l’autore “incornicia” in modo triste i personaggi: la figlia a
correre dietro a una professione (non fotografa, come sognava, ma cuoca
“altrove”) e la madre là da anni in un letto d’ospedale, perché era caduta
dalle scale, forse nell’intento di non lasciarla andare, di trattenerla. Dopo
anni di lontananza, si ritrovano e la figlia con il cellulare si fa con lei un
“selfie”... ma oggi il monitor ti permette di cancellare... In “Autoscatto”,
appunto, si apre uno spiraglio in cui penetra un gusto illustrativo e
rievocativo del tempo passato, messo crudamente di fronte al presente.
O, infine, la lunga struttura di
certe pagine di più ampio respiro, attraenti e preziose nel peso della fatalità
della vita, nella movenza di un felice esito che sta per concretizzarsi, o di
omicidi, di indagini o di furti che si sono o si stanno per commettere.
Inoltre, tutti i protagonisti di
questi racconti intensi, ben costruiti, a volte dai finali a sorpresa, sembrano
in fuga o all’inseguimento di un luogo, salutare per coloro che ancora credono nella
capacità dell’uomo a essere o a diventare libero. Come scrive in quarta di
copertina l’autore: <<I racconti
sono uniti da un filo comune: la ricerca di un altrove, il senso di una
mancanza; elementi di una contemporaneità che non vuole limitarsi a
sopravvivere, ad annullarsi nell’amministrazione del presente>>. In
cosa consiste, però, questa costante ricerca di un “altrove”? Forse è il
desiderio impellente di andarsene o di trovare una via d’uscita alla grigia quotidianità,
nel continuo altalenare tra realtà sociale e idealità interiore. O, forse, è la
speranza di una “terra promessa” o è semplicemente un sogno umano, valori in se
stessi che stimolano a proseguire nelle difficoltà contemporanee dell’esistenza.
Ma a me pare anche che Andrea Dallapina
lasci a volte un’altra via di fuga, il “ritorno” (sul luogo di un delitto, di
un furto, di un’intervista, di un letto dell’ospedale, di un sogno), risvegliando in noi lettori la “ricerca” di altre intime emozioni, non prive di ansiose riflessioni.
Giuseppe Possa
Giuseppe Possa
e Andrea Dallapina
Andrea Dallapina è nato in Val d’Ossola nel 1972 e vive a Verbania. Scrittore, giornalista professionista, dirige il bisettimanale Eco Risveglio del Verbano Cusio Ossola. Il suo racconto "La sesta lezione" è presente nell’antologia "Delitti d’acqua dolce" (Lampi di stampa, 2012) ed è stato finalista per tre edizioni del Giallo Stresa. Nel