Resterà aperta al pubblico fino a fine
aprile 2015, allo Studio Quadra (via Marconi 30) di Domodossola, la mostra del
pittore Gianpiero Bonfantini, residente a Cesara (VB) dov’è nato nel 1956. L’artista
che ha appreso i primi insegnamenti di disegno dal nonno decoratore, ha
trascorso l’infanzia tra stencil, bozze, pennelli, terre e pigmenti. In
seguito, ha iniziato una ricerca su carta cercando di utilizzare in modo
innovativo i pennelli, trasportando poi il tutto sulla tela. Come sostiene lui:
<<Creo il volume con la materia, uso il pennello come uno strumento per
scolpire il dipinto, concependo quasi un bassorilievo fatto di linee di colore,
che si uniscono come fili su un telaio. Gli oli su polistirolo li incido a
caldo: in questo modo, la luce, avvolgendo e penetrando la materia, trasforma
colore e forma, così un unico soggetto si trasforma in innumerevoli versioni>>.
“Pittura rialzata” l’ha definita suo figlio Luca.
Bonfantini ha già allestito numerose esposizioni, negli
ultimi anni: Torino 2005, Milano 2006, Verbania 2007, Venezia 2007,Cremona
2008, Parigi 2008, Lecce 2009, Torino 2010, Vancouver 2010, Como 2011, Milano
2012 , Palermo 2013, Lecce 2009, Torino 2010, Vancouver 2010, Como 2011, Milano
2012 , Palermo 2013.
La mostra dello Studio Quadra, curata da Gianluca Ripepi, è stata presentata da Giorgio Rava, artista e scrittore di Omegna, che scrive tra l’altro: <<Giampiero Bonfantini ha esasperato il puntinismo di Signac e Seurat, il divisionismo di Fornara – visto che siamo in terre ossolane - o quello di Boccioni. Celebra i
“Fauves” francesi o quelli del “Der blaue reiter” o i Dadaisti nel loro divertimento sberleffo... >> e conclude <<I suoi colori esplodono in un ordinato “puzzle anarchico”, assumono immagine di “cruciverba cromatico” entro la cui quadrettatura si iscrivono paesaggi lilliputziani, tagli di bisturi o di laser di un folle chirurgo, ci potremmo perdere dentro questo pavé cromatico da Parigi-Roubaix, dentro questa scacchiera all’acido lisergico. Lo spettatore può anche giocarci coi quadri di Jan (come chiama lui amichevolmente l’artista – ndr), spostando a suo piacimento le tessere di colore, diventando egli stesso interprete e autore>>.
Chiedo a Giorgio Rava da quando conosce l’artista:
<<Lo conosco da alcuni anni>> risponde, <<da
quando ho visitato una sua mostra alla Casa Medievale di Pettinasco. C’è stato
fin da allora un “feeling” che ci ha portati alla reciproca frequentazione, al
comunicarci impressioni ed esperienze, nonché gioiosi momenti d’agape. Giorni
addietro mi ha chiesto “te la senti di...” e a un amico, un piccolo favore non
si nega mai... ed è un piacere e un onore per me essere qui a Domodossola a
presentare questa cromatissima mostra>>.
Com’è Bonfantini nel suoi momenti
creativi, domando ancora a Rava, che
dice: <<Posso solo immaginarmelo Jan al lavoro nel suo laboratorio
alchemico/coloristico alla ricerca di quella pietra filosofale che tutti gli
innamorati del colore ricercano dal momento in cui, per la prima volta, hanno
tracciato una linea di colore, iniziando così il loro ascoso sentiero della
ricerca, perchè l’arte, quando non è la mera scopiazzatura di stili, è
ricerca... e Jan è un ricercatore che si muove nel fantastico, nell’irreale,
nel dionisiaco... e mutuando da quel movimento tedesco che prima ho citato lo
definirei una sorta di “regenbogen reiter” moderno: un cavaliere
dell’arcobaleno>>.
Gianpiero Bonfantini, concludo io, infonde nelle sue opere una libertà creativa astratta, per molti aspetti affine a quello della poesia e della musica, intrisa di luce mediterranea e di un pathos mistico-esistenziale che fanno di lui un artista dello spazio onirico nel mondo della pura fantasia, mediante l’ansioso automatismo simbolico-surreale: un microcosmo geometricamente ordinato, in cui convivono con dinamicità cromatismi puri, vibrazioni mutevoli di luce e forme fluide in ritmi spaziali.
Giuseppe Possa
G. Possa con G. Ripepi curatore della mostra