In concomitanza con la collettiva “Ending and Beginning”, nella quale espongono artisti di diversi
generi pittorici e tecniche, domenica 13 dicembre, ore 16.30, al LaborArt di Piedimulera, via Leponzi 27/29, sarà presentato da Giuseppe Possa il libro di poesie
“Più vicini al tempo” di Ivana Bandini, con letture dal vivo,
che si trasformano in un’avvincente e scenografica recita, di Pietro Cugliandro, Chiara Sulis, Tiziana
Zaccaria e con la partecipazione musicale della giovane Alice Bandini.

La raccolta lirica, preceduta da un brano narrativo, è edita da “Lampi di stampa”, con in copertina l’opera “Suonatrice” di Giorgio da Valeggia, che fa parte del ciclo “Ricerca nell’anima delle cose su cui scorre il tempo”, che ben si accorda con il titolo del volume della poetessa di Villadossola. “Più vicini al tempo” mette in luce il trascorrere inesorabile della vita con le nostre tormentate ansie, le gioie emozionali e gli affetti più cari. L’esistenza, purtroppo, non offre solo felicità, ma spesso ci pone di fronte a un malessere vasto e profondo che ci scava dentro, rendendoci tristi, melanconici. Porsi domande che risalgono alla notte dei tempi, come “da dove veniamo e dove stiamo andando”, pone ogni essere umano di fronte a un’inquietudine, cui è difficile sottrarsi. I versi di Ivana Bandini, assumendo via via venature e colorazioni particolari, rappresentano un percorso di sofferenza personale, sostenuta da una filosofia intimista, esistenziale, con un punto ben presente e cioè che la vita è un correre verso la consunzione. <<La finitudine – afferma la poetessa – è destino comune a ogni creatura terrestre, che si respira continuamente durante il percorso umano. Qui la finitudine, infatti, si piange in quanto percepita come mistero ultimo a cui nessuno può sottrarsi>>. Con le emozioni e i sentimenti, però, sono presenti anche una meditata accettazione e un filo di speranza, che fanno <<pensare belle/ le ore del futuro,/ del giorno a venire>>.
Affiora, dunque, immediata, leggendo queste liriche della Bandini, una sua particolare e profonda riflessione sulla vita, sul trascorrere inesorabile del tempo che diventa <<timbro, ritmo, melodia>>, sui sentimenti e sui ricordi, recuperati dalle radici della memoria e ricreati con nuove immagini <<perché ciò che non abbiamo saputo cogliere è smarrito per sempre>>: è in una clessidra <<l’istante!/ Ed è già finito./ Tutto è già passato>>.
Scrive la poetessa: <<Viene un tempo in cui il buio si impossessa dei tuoi pensieri>>
e allora quando sta per addormentarsi le assale la speranza che nel suo essere
<<si assopisca senza più risveglio>>,
anche se poi destandosi assorbe <<da
ogni istante/ la forza per superare/ la pena di esistere>>. Le
espressioni di questi momenti esistenziali, avvertiti fin dall’adolescenza,
unitamente alla ricchezza di successive e pregnanti immagini allegoriche,
portano il lettore a comprendere queste poesie tormentate che, dal solipsismo
iniziale, acquistano una propria profonda interiorità che si fa universale:
<<Nessuno racconta la propria
tristezza/ in questo passaggio di sopravvivenza>>. Subito dopo, però,
l’autrice si apre a uno spiraglio di fiducia, perché <<il sole sa splendere su ogni cosa!/ ...
riscalda la desolazione./ ... illumina la solitudine>>.
A me pare che in questi <<respiri di finitudine>> - dove si modula una corda lirica tesa al giusto diapason, grazie anche alla passione di Ivana Bandini, sin dall’età giovanile, a diverse espressioni artistiche - ci sia il senso della sua poesia e la profondità di una vicenda umana, in cui purtroppo <<solo lo svanire certo/ ci è dato>>. <<...Ma per te/ il mio pensiero/ mai stanco di essere/ sarà>>, scrive rievocando il nome di un amore. Inoltre, altrove, appaiono versi elegiaci, che paiono germinare da radici del subconscio, che fanno trovare alla poetessa una distesa di luce in cui smarrirsi: <<La distesa è immensa, però./ ... e potrei correre fra l’erba alta/ per sempre>>.
Giuseppe PossaNella foto di Mario Cheula: C. Sulis, T. Zaccaria, I. Bandini, P. Cugliandro, A. Bandini.