"Che brutta notizia, un altro pezzo di Ossola
che se ne va. Non solo l`Ossola di noi bambini, ma anche quella di oggi e di
ieri. Quando fui per poco tempo funzionario di Soprintendenza per Valsesia e
Verbano Cusio Ossola, Paolo Bologna era assessore alla cultura e ci vedevamo su
base molto regolare. Non è una frase fatta dire che Domodossola senza Paolo Bologna
non sarà più la stessa".
Così da Berlino, dove vive e lavora, ci ha scritto Roberto Contini il quale – insieme al fratello Riccardo da Roma – ha espresso il suo cordoglio all'annuncio della morte di Bologna (che lascia la moglie e tre figli) avvenuta a 86 anni nella notte fra l'11 e il 12 febbraio nella sua casa di C.so del Popolo nel capoluogo ossolano. Il caso, prodotto da una brutta malattia che lo aveva colpito, ha fatto si che la fine coincidesse in modo ancor più triste con il 25esimo anniversario della scomparsa di uno fra i suoi più illustri concittadini, ossia proprio del prof. Gianfranco Contini (avvenuta il primo febbraio 1990), di cui lo storico, scrittore, giornalista e politico Paolo Bologna fu amico ed estimatore.
A unirli erano state
soprattutto le vicende della Resistenza che avevano visto da una parte un
giovane sedicenne già inquadrato nelle formazioni partigiane della divisione
"Valtoce" che, agli inizi dell'ottobre '44 e dai monti di Migiandone,
aveva cercato di difendere la neonata Repubblica dell'Ossola; dall'altra uno
studioso, un critico letterario già di gran fama e docente di filologia romanza
all'Università svizzera di Friburgo, il quale era stato chiamato a prendere
parte in modo diretto (nel settore dell'istruzione) a quella straordinaria
esperienza di autogoverno democratico (lo farà con Mario Bonfantini, don Cabalà
e Carlo Calcaterra). Sarà poi lo studio della storia (in specie della
Liberazione) e la letteratura in genere a rafforzare quel 'legame' impregnato
di passione per il proprio territorio e le sue espressioni popolari e di
interesse per tutto ciò che appare utile a salvaguardare e rafforzare libertà e
cultura. A suggellarlo in modo palpabile arriverà un libro che, non solo per il
titolo evocativo ed emblematico, diventerà molto conosciuto e apprezzato oltre
i confini provinciali: "Il prezzo di
una capra marcia" al quale – unico caso per uno scrittore locale...ad
esclusione del "poeta" Tami di Villadossola – Gianfranco Contini porrà
il suo straordinario 'marchio di attenzione' ("...Ho letto i suoi versi. Premetto che non mi riesce di far prefazioni a
nessuno (ai tempi della Capra marcia di Bologna non ero così – come
suona la parola di moda – "alienato" dalla mia situazione); pensi che
ho dovuto dire di no ai famigliari di Pasolini e a Bellezza..."...mi scriverà
il professore in una lettera da Firenze alla fine del 1976 rispondendo ad una
mia giovanile richiesta di critica per un libretto di componimenti poetici; e
poi in ogni sua missiva non sarebbe mai mancata la richiesta di saluti 'all'amico
Bologna').
A quel significativo volume
edito dalla libreria Giovannacci, in cui "Paolo Bologna ha dato prova di singolare perspicacia, tanto storica
quanto (virtualmente) letteraria, nel procurare una documentazione di tipo
nuovo sulla Resistenza ossolana": così l'esordio prefativo di Contini,
ne seguiranno altri sia riferiti alla ricerca resistenziale ("La battaglia di Megolo", nel 1979,
con prefazione di Gian Carlo Pajetta...anche di lui, il "ragazzo
rosso", ricorre il 25esimo della morte... che in quello scontro coi
nazifascisti aveva perso il fratello Gaspare, entrambi ora sepolti nel cimitero
di quella piccola frazione di Pieve Vergonte dove giorni fa – e per la prima
volta senza Paolo Bologna – è stato commemorato il sacrificio del capitano
Beltrami e dei suoi uomini; "Il
paese del pane bianco. Testimonianze sull'ospitalità svizzera ai bambini della
Repubblica dell'Ossola" nel 1994; "Quando i picasass presero le armi. Mergozzo nella Resistenza"
nel 1997; "Silvestro Curotti. Uno
contro cento" nel 2004 e infine la guida per le nuove generazioni
"La Repubblica dell'Ossola"
insieme a Pier Antonio Ragozza), sia di temi più generali legati alla propria
terra quali "D come Domodossola"
scritto con Franco Ferraris su fatti e personaggi domesi e "Bognanco, il paese delle cento cascate"
a testimonianza del suo amore per la montagna che lo aveva visto dal 1954 al
1960 quale primo delegato del corpo nazionale del soccorso alpino.
Un altro tratto
caratteristico in comune è stato poi l'ardore politico che se in Contini era
nato durante la lotta armata al nazifascismo e spentosi non molto dopo il suo
epilogo ...reso forse effimero dalla sconfinata propensione allo studio e dalla
disillusione sul ruolo dei partiti ("Diciamo
di più: gli ossolani non si sono comportati da "politici"; ma il
futuro non appartiene ormai più agli specialisti della politica, agitazione o
combinazione che sia; e il politico che non si renda conto che il mondo moderno
sarà degli extrapolitici, è un cattivo anacronistico politico..." già
scriverà fra l'altro nel marzo 1945, mentre nel 1969 ribadirà categorico a
chiusura della stessa presentazione della 'Capra
marcia': "La politica finalmente
è un affare troppo serio perché debbano riservarselo, come accade nei momenti
dell'amministrazione ordinaria, i politici di professione")..., nel
'ragazzo di allora' (come piaceva definirsi e sentirsi definire l'ex partigiano
della "Valtoce") aveva invece caratterizzato buona parte
dell'esistenza attraverso una intelligente e onesta partecipazione, nelle file
del partito socialista, alla gestione della cosa pubblica, anche in veste di
assessore.
La 'stoffa', il DNA
si può dire, erano però quelli precipui del giornalista e, in particolare come
direttore del settimanale "Risveglio Ossolano" dal 1970 al '74, lasciò uno stile,
una "impronta" indelebile di correttezza professionale e di spirito
civico, sia nel modo di gestire uno strumento di sempre più larga diffusione
come quel foglio storico, sia negli obiettivi legati ad una fruizione più matura
e consapevole dei lettori, caratteristiche che - pur nei limiti imposti dalle 'regole'
e dalle esigenze pratiche di un quotidiano - aveva poi sempre cercato di
trasferire anche nella sua collaborazione alla Stampa durata fino agli anni
Novanta (ricordo bene quanto, durante la sua gestione del
"Risveglio", si dimostrasse sempre pronta e sincera la sua
disponibilità a condividere notizie o stimolare discussioni, nonché –
all'inizio – non mancasse mai di dispensare aiuto e consigli mentre muovevo i
primi passi come giovane corrispondente provinciale dell'Unità). Su tutto però,
penso che fosse stata e fosse l'autorevolezza, conquistata sul 'campo', a
determinare la stima e il consenso cresciuti intorno ad una 'penna' come la
sua, così versatile e per certi versi di rara distinzione e alla sua figura di elegante personalità.
Un 'campo' i cui
"frutti" certo avevano soprattutto i nomi dei partigiani e il ricordo
delle loro azioni, della cui memoria Paolo Bologna in un modo o nell'altro ha
voluto esserne e ne è stato il custode sensibile e caparbio (anche come
segretario cittadino dell'ANPI) fino alla morte, fino a due giorni prima quando
- mi riferisce il figlio Carlo - aveva
ripreso in mano alcuni libri e documenti proprio su Contini. Ero stato a
trovarlo nel mese di novembre: concordava sempre sul senso racchiuso nella
frase finale del libro che Giorgio Bocca aveva dedicato all'epopea insurrezionale
ossolana "...in quanto a
rinnovamento democratico fece più quella piccola repubblica in quarantaquattro
giorni che la grande repubblica nei due decenni seguenti", ma le sue
attuali posizioni sono andate ben oltre, esprimevano un profondo disagio, una
intima avversione, quasi una repulsione sia rispetto alla situazione del Paese e
delle sue classi dirigenti, sia per lo stato dell'informazione (in specie
televisiva). Gli parlai della nostra richiesta, come blog, avanzata alla
fondazione Tami e all'Amministrazione di
Villadossola per fare un libretto commemorativo su Gianfranco Contini insieme a
una mostra fotografica sul "Vangelo secondo Matteo" di Pier Paolo
Pasolini (di cui il critico domese fu il primo recensore e che una volta subito
dopo la guerra venne anche a trovare nella villa di San Chirico) e perciò sul
nostro desiderio di avere nel caso un suo intervento scritto; così la rabbia
della discussione sulla penosa realtà socio-politica si trasformò subito in
evidente soddisfazione: "Fate bene a
fare queste cose per i giovani, solo da loro può venire una nuova resistenza",
mi disse con un pizzico di commozione, forse la stessa che in misura maggiore
di certo lo aveva colto quando dal suo balcone poco tempo prima era stato
applaudito da un folto corteo di studenti che sfilavano per il settantesimo
anniversario della "Repubblica partigiana".
Lui non ha fatto in tempo a sapere che, da chi avrebbe dovuto decidere sulle nostre iniziative, non è venuta neppure una risposta di cortesia istituzionale (comunque, le cose si faranno lo stesso con la disponibilità di altri enti); però mi piace pensare, pur con profonda malinconia, che Paolo Bologna, anche in vista delle commemorazioni sul prof. Gianfranco Contini e in una specie di ultimo afflato ideale, volesse prepararsi per parlare e scrivere ancora – come aveva fatto tante altre volte e con acume – del suo (e nostro) celebre amico, che ora non sarà il solo a mancarci.
Giorgio Quaglia
LEGENDA FOTOGRAFICA (dall'alto in basso)
1) Paolo Bologna;
2) Il prof. Gianfranco Contini;
3) La copertina del volume "Il prezzo di una capra marcia" con i disegni di Giuliano Crivelli;
4) Foto riprodotta all'interno dello stesso volume: "Gondo-Svizzera, 25 Aprile 1945. Soldati tedeschi in fuga dall'Italia hanno trovato scampo oltre confine";
5) Idem: "Manifesto diffuso dalle autorità fasciste dopo il 25 Maggio 1944";
6) Paolo Bologna risponde al saluto degli studenti che sfilano sotto il suo balcone in occasione del settantesimo anniversario della Repubblica partigiana dell'Ossola.
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