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Dopo la Repubblica partigiana dell’Ossola, l’eroica azione di ‘Mirko’ a difesa del Sempione preludio della Liberazione generale

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In occasione del settantesimo anniversario della Repubblica partigiana dell’Ossola, vogliamo come primo atto ricordare un episodio straordinario (di cui analoga ricorrenza cadrà nel 2015) che rappresentò il preludio alla Liberazione generale non solo del nostro territorio e si rivelerà come uno delle più ardite azioni di sabotaggio di tutta la Resistenza. Il salvataggio della galleria del Sempione e delle centrali elettriche (che i nazisti volevano distruggere con il tritolo) ad opera degli uomini della “Brigata Comoli” guidata da Ugo Scrittori di Villadossola – nome di battaglia ‘Mirko’, con la k sovietica come scrivevano gli amici/compagni – rappresentò infatti il segnale di sprone per l’attacco finale di tutto il movimento partigiano.

La figura eroica di ‘Mirko’ (Medaglia d’argento al valor militare) e quelle dei suoi impavidi uomini, nonché l’impresa compiuta (il cui merito di ideazione e progettazione incaute recenti ricostruzioni giornalistiche locali hanno voluto avvalorarne l'affido a personaggi marginali), occupano un posto di assoluto primo piano nella storia di un territorio che fu fra i primi a ribellarsi in armi al nazifascismo; perciò riteniamo doveroso riproporlo oggi  all’attenzione dei lettori, anche per una più approfondita conoscenza; e lo facciamo riportando di seguito l’articolo che nel marzo 1995 Giorgio Quaglia (con la firma pseudonima di A.G.) pubblicò sul giornale “La settimana”, relativo appunto al salvataggio del Sempione.

 

21 Aprile 1945: il Sempione è salvo!

Per avere un’idea pur pallida di cosa sarebbe successo verso la fine di aprile del 1945 a Varzo e dintorni se fossero saltate in aria le 60 tonnellate di tritolo depositate lì dai nazisti per distruggere la galleria del Sempione e danneggiare le centrali elettriche e le industrie dell’Ossola, è sufficiente ricordare la recente tragedia nella cava di Iselle dove un’esplosione mal calcolata e mal controllata di qualche decine di KG di polvere ha ucciso due persone e ha seminato panico e distruzione in tutta l’area. L’ipotetica catastrofe del ’45 però fu sventata con un’ardita azione partigiana entrata ormai nella storia (forse un po’ trascurata a livello di educazione scolastica non solo locale).

Protagonista riconosciuto di quell’eroico colpo di mano fu il comandante della “Brigata Comoli” Ugo Scrittori (nome di battaglia ‘Mirko’) di Villadossola, tuttora vivente, anche se ammalato da alcuni anni (morirà nel luglio del 1996, n.d.r.), il quale proprio in seguito a ciò nel 1948 ricevette dal Presidente del consiglio la medaglia d’argento al valor militare. Uomo d’azione umile e schivo, Mirko non ebbe un attimo di esitazione quando ricevette dalla “II divisione Garibaldi” l’ordine di distruggere il tritolo e – nonostante la consapevolezza dei rischi mortali a cui lui e i suoi compagni avrebbero potuto andare incontro – decise di organizzare e compiere l’intervento, reso oltretutto impellente dalla comunicazione ricevuta dal gen. americano Clark il quale aveva preannunciato il bombardamento della stazione di Varzo nel caso in cui l’esplosivo non fosse stato distrutto entro 24 ore (e le conseguenze disastrose di tale prospettiva erano facilmente immaginabili). Il tono perentorio del generale suonò molto male in una zona che già durante la Repubblica partigiana del 1944 era stata “abbandonata” dagli alleati (un mancato aiuto quello prima promesso che, per Mirko e molti altri era dipeso dalla presenza del partito comunista nel governo di coalizione della neonata Repubblica partigiana).

Le polemiche però non fecero venir meno la volontà di agire in fretta e d’altronde i nazisti apparivano determinati nella loro intenzione di prepararsi alla fuga facendo dietro di sé terra bruciata. Così, sotto una pioggia battente, nella notte fra il 20 e il 21 aprile 1945, scattò una delle operazioni di sabotaggio più ardite e singolari della lotta di Liberazione. Il battaglione ‘Fabbri’, giunto dalla Val Formazza, si piazzò a San Giovanni a chiudere l’accesso alla Val Divedro dopo aver minato la ferrovia e guastato i telefoni; parte del battaglione ‘Camasco’, proveniente dalla Val Bognanco, si piazzo vicino all’albergo Tronconi dove era installato il comando nazista, un’altra parte a pochi passi dall’albergo Milano dove vi erano altri nemici; la ‘volante Alpina’ invece, arrivata dalla Val Vigezzo, si ritrovò alle porte del paese verso la mezzanotte del 20 aprile. Furono individuate e neutralizzate le due sentinelle tedesche ai vagoni, le quali avrebbero dovuto ricevere il cambio dopo 4 ore: quello sarebbe stato quindi il tempo massimo per asportare circa 1.500 casse di tritolo depositate nel casello ferroviario di Iselle, rovesciarle lungo i binari e appiccare il fuoco. A poco dalla scadenza prevista e dopo un durissimo lavoro, almeno 500 casse risultarono ancora all’interno del casello (a lato nella foto 'Bammater' poco dopo l'azione); così si decise di collegarle con un tracciato di polvere al tritolo sparso all’esterno. Dopo aver dato l’ordine di sgombero, Mirko accese del fuoco aiutandosi con alcuni fiaschi di benzina e provocando subito dopo un colossale rogo che divelse per una trentina di metri i binari della ferrovia e procurò a lui bruciature e asfissia; fu sparato quindi un colpo di pistola a razzo e tutti i presidi partigiani si sciolsero e si ritirarono in direzioni prestabilite.

I bagliori del grande incendio furono notati in tutta la valle fino a Domodossola e rappresentarono il segnale che l’operazione era riuscita; e fu anche il segnale di rivolta tanto che nel giro di due o tre giorni tutte le formazioni partigiane presenti nella zona insorsero contro i nazifascisti e il 24 aprile Domodossola stessa fu liberata. L’azione di Varzo era riuscita in modo perfetto: non c’erano state vittime, non era stato sparato neppure un colpo di fucile e nessun danno aveva subito il Comune, mentre la maggior parte dei soldati tedeschi era fuggita in Svizzera. Il Sempione e le centrali elettriche dell’Ossola (quindi anche le industrie) erano così salve e la notizia in breve si diffuse in tutto il movimento della Resistenza italiana creando entusiasmo e spronando ancor di più i partigiani a completare la Liberazione in corso.

Alla fine della guerra, la Edison-Dinamo, in segno di riconoscenza consegnerà un contributo di 15 milioni alla II Divisione d’assalto “Garibaldi-Redi”, cifra che – suddivisa fra tutti gli uomini e le famiglie dei caduti – risulterà poi di lire 5.000 a testa. La Svizzera invece, come spesso avverrà nella sua storia futura, si distinguerà per un gesto giudicato allora e negli anni a venire abbastanza ridicolo: regalerà infatti a tutti i protagonisti (ossia a tutti coloro che rischiarono la vita per salvaguardare un patrimonio anche elvetico) un orologio con cromatura di metallo a testa (in un certo senso ‘rimedieranno’ decenni dopo con un libro e un film specifici, n.d.r.). E pensare che Ugo Scrittori, il valoroso Mirko, nell’ordine operativo n°15 impartito la sera del 15 aprile 1945, aveva scritto: “Bisogna assolutamente distruggere questo casello, bisogna togliere ai nemici la possibilità di nuocere in maggiore misura alla zona da noi controllata. Le ripercussioni dell’azione a voi commissionata e che deve riuscire ottimamente, saranno addirittura mondiali; e non solo ne rimarranno onorati gli autori, ma il merito di essa ricadrà anche su tutti i compagni patrioti che avranno assicurata la possibilità di vantaggiosissimi accordi con la Svizzera, accordi che verranno stipulati soltanto a patto che rimanga efficiente la linea del Sempione”.

Giorgio Quaglia


Il testo della motivazione con cui, l’11 novembre 1948, fu conferita dal Presidente del Consiglio     a Ugo Scrittori (nome di battaglia ‘Mirko’) la Medaglia d’argento al Valor militare:

“Magnifica figura di partigiano e combattente per la libertà che fu tra i primi nell’Ossola ad organizzare il movimento di resistenza e a cappeggiare le squadre armate contro i nazifascisti infliggendo ad essi, in numerosi e cruenti combattimenti, notevoli perdite in uomini e materiali. Incaricato della distruzione di un treno carico di sessanta tonnellate di esplosivo destinato dal nemico a far saltare la galleria del Sempione e le centrali elettriche dell’Ossola, organizzava e dirigeva l’audace operazione e, dopo aver sopraffatta la scorta tedesca e sparso l’esplosivo sul terreno, dava arditamente fuoco conscio del sicuro sacrificio cui si esponeva. Assistito dalla fortuna che aiuta gli audaci, veniva risparmiato alla orrenda morte e investito dalla spaventosa vampa, riportava bruciature e grave asfissia. Ancora sofferente per l’epica impresa compiuta volle partecipare alla testa della sua brigata alle azioni decisive che portarono alla liberazione dell’intera Ossola e della Lombardia occidentale. Fulgido esempio di intrepido coraggio e di cosciente sprezzo del pericolo”. (Zona d’Ossola, settembre 1943 – aprile 1945)



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